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17 aprile 2002
 
Magari è solo una mia impressione, però mi sembra che nel dibattito sull'immigrazione in Italia manchi qualche elemento importante. Anche coloro che sono favorevoli all'ingresso degli extracomunitari nel nostro Paese si limitano ad elencare posti di lavoro vacanti, esigenze previdenziali, calo demografico... numeri, insomma. Mai che si parli di uomini. Uomini e donne che portano idee, suoni, colori, odori diversi.
Senza dover affrontare controlli doganali ed animatori alpitour abbiamo la fortuna di poter venire in contatto con popoli esotici e confrontare la nostra visione del mondo con la loro. E' una ricchezza di cui dovremmo affrettarci a godere prima che la grande macchina tritatutto occidentale assorba ed omologhi tutto, prima che questi apporti culturali facciano lo stesso effetto di una poltrona "etnica" in un bilocale di Cinisello Balsamo (a proposito... che dire dei porta-CD etnici? ok meglio non dire niente).
Tra le cose che gli immigrati portano con sé dai loro Paesi ci sono concezioni diverse della casa e dell'abitare. Ibra è venuto dal Senegal per fare il muratore e qualche volta sono stato a casa sua.
La prima cosa che noti è che la casa non è vissuta come rifugio ma come spazio sociale. Certe sere più che un'abitazione sembra una stazione ferroviaria: un viavai continuo di uomini, donne e bambini che entrano, salutano, vanno "di là", chiaccherano a velocità supersonica, ascoltano radio-stereo-tv-telefono, appaiono da "di là" (quanto cavolo è grande di là?), si accoccolano in cerchio per terra e attingono il cibo dalla stessa grossa ciotola, salutano e se ne vanno. Lo spazio sembra espandersi, non ci si sente mai a disagio. Difficile capire chi sia il padrone di casa: uno qualunque dei presenti apre la porta, fa accomodare, conversa. Difficile anche identificare i genitori dei singoli bambini, che sono rimproverati o coccolati da tutti con la massima natutalezza.
E' qualcosa di più dell'ospitalità come la intendiamo noi, perché in fondo l'ospitalità crea rigide barriere di doveri, diritti e convenzioni: è condivisione di uno spazio, puro piacere dello stare insieme.
Per quel che ho potuto capire, un senegalese solo in casa è un senegalese triste.
Vogliamo rinunciare a tutto questo?

Che poi invece l'Italia è permeabilissima ad altri influssi e uno rischia di ridursi a cimelio solo perché è nato nel secolo scorso e in provincia...

Esempio di dialogo interetnico intranazionale
Time: un paio d'anni fa - Location: ufficio di multinazionale, una delle sedi italiane
IO- Buongiorno
LEI- Buongiorno, si accomodi (LEI è una "Plant Purchases Leader", proprio così, papal papal)
IO- Sono venuto per quel sopralluogo
LEI- Il responsabile di settore oggi non c'è
IO- No?! (ma porcamiseria perché non dò mai un colpo di telefono PRIMA? mi costa tanto?) Mi può accompagnare qualcun altro, allora
LEI- Non è possibile, qui ognuno ha un'area di responsabilità precisa
IO- Ah! (continuo a fissare il poster incorniciato che le sta alle spalle: un'aquila di quelle americane con la testa bianca, sotto c'è scritto OUR MISSION, più sotto ancora un sacco di roba che per fortuna non riesco a leggere)
IO- Vuol dire che torno domattina, a una cert'ora
LEI- A una cert'ora? (il suo sguardo guizza verso il mio polso sinistro, da sempre sprovvisto di qualsiasi meccanismo marcatempo)
IO- E' un modo di dire di quaggiù: ci vediamo a una cert'ora, partiamo a una cert'ora...
LEI- E come fate a sapere qual è, quell'ora?
IO- Intuito
LEI- Capisco. Facciamo alle 9,30?
IO- Va bene. 9,30
LEI- Mi lasci il numero del cellulare, comunque
IO- 0368...
LEI- E' un TACS? (incredula)
IO- Sì, non ho mai tempo per andare a cambiarlo (mento)
LEI- Capisco
IO- Be', allora arrivederci...
LEI- Un'ultima cosa. Lei continua a non accludere ai documenti la dichiarazione per il millennium bug
IO- Come sa (sento che mi viene da ridere) io qui faccio semplice manutenzione: chiudere buchi, aprire buchi, intonaco, verniciare... cose del genere. Niente che possa essere influenzato negativamente dal millennium bug, no?! (largo sorriso, oddio adesso scoppio a ridere)
LEI- (gelida) La dichiarazione fa parte della procedura standard
IO- Capisco. Arrivederci.
(La dichiarazione per il millennium bug te la sogni. It's not MY mission, baby. )



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